Serve uno stop concreto all’orrore quotidiano e agli atti di violenza verso TUTTI.
In un agriturismo ad Anagni domenica sera è stata uccisa a calci una capretta. Un gruppetto di adolescenti ha infierito, senza alcuna pietà, sul piccolo animale inerme fino ad ucciderlo.
Sono settimane nelle quali assistiamo a notizie di cronaca che ci lasciano letteralmente sconvolti, gli stupri di Palermo e Caivano in primis. L’episodio della capretta si aggiunge a un orrore senza fine che ha come bersagli gli individui più deboli, spesso indifesi, e nei confronti dei quali si pensa di poter agire restando impuniti.
Il maltrattamento nei confronti degli animali, troppe volte considerato come un reato di serie B, dovrebbe essere riconsiderato alla luce di un quadro sociale che si macchia a tinte sempre più cupe e che vede l’accanimento nei confronti dei meno tutelati il suo comune denominatore.
L’infierire sugli animali non è soltanto un delitto ai danni dell’essere vivente che lo subisce, e che merita di per sé una punizione esemplare, ma è anche indice di pericolosità sociale, crea un vortice crescente di violenza che travolge tutta la collettività.
“Saevitia in bruta est tirocinium crudelitatis in homine” così diceva Ovidio Publio Nasone più di 2.000 anni fa: “La crudeltà su animali è un allenamento di crudeltà verso gli uomini”.
Fin dall’antichità si è notato questo collegamento tra le varie forme di violenza e i trattati di criminologia moderna sono ormai ricchissimi di dati che dimostrano in maniera scientifica questa correlazione.
Il messaggio che vogliamo lanciare, al di là dell’ovvio auspicio che i colpevoli dell’uccisione della capretta di Anagni siano perseguiti in maniera esemplare, è che tutti noi, da oggi in poi, qualsiasi ruolo ricopriamo all’interno della società non rimaniamo ciechi e indifferenti di fronte alla violenza, in qualsiasi forma essa sia esplicitata, segnalando agli organi di controllo e facendo pressione sulle istituzioni affinché sia posto un argine a questo crescendo inaccettabile di odio e orrore.
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